Greenwashing è letteralmente “lavaggio verde”, ma che origine ha questo termine?
Oggi “essere green” è molto di moda. Alcune aziende pensano infatti che basti far finta di dimostrare un attaccamento all’ambiente e al pianeta per guadagnare punti in reputazione e immagine aziendale.
Infatti questo fa riferimento ad una “sostenibilità di facciata”, ma si tratta a tutti gli effetti di una pratica ingannevole.
Questa viene usata come strategia di marketing da alcune aziende per dimostrare un finto impegno nei confronti dell’ambiente, con l’obiettivo di catturare l’attenzione dei consumatori attenti alla sostenibilità, che oggi rappresentano una buona fetta di pubblico.
In Italia ci sono diversi soggetti che fanno controlli sulla veridicità delle comunicazioni commerciali.
Ci sono le Associazioni consumatori, c’è lo Iap, che raccoglie i soggetti coinvolti nella pubblicità, affinché la comunicazione commerciale sia “onesta, veritiera e corretta”, che nel 2014 ha introdotto nel Codice di Autodisciplina della comunicazione commerciale l’articolo 12 che impone criteri di trasparenza e standard di correttezza nell’ambito della “comunicazione verde” ed ha introdotto il vincolo di verificabilità scientifica delle dichiarazioni.
A livello nazionale ti puoi rivolgere all’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato che vigila e reprime la pubblicità ingannevole sanzionando le aziende che lo praticano con multe che possono arrivare fino a 5 milioni di euro.
La sostenibilità ambientale per essere reale e quindi credibile deve sempre essere misurabile e documentabile.
Se non si riesce a identificare in modo specifico in che modo la dichiarazione vada a vantaggio dell’ambiente, probabilmente si è individuato un caso di Greenwashing.
Fonti: